CON L’INTITOLAZIONE DI DUE STRADE DELLA ZONA 167 RICONOSCIUTI
IL VALORE E IL MERITO DEGLI AGENTI CAPOSSELE E ANTONUCCI
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
![]() |
clicca per ingrandire |
Giovedì 25 gennaio 2018 – <<Ci stringiamo ai familiari degli agenti di polizia Tommaso Capossele e Savino Antonucci per saldare il primo debito di riconoscenza che la nostra città ha contratto con i suoi figli migliori. Comunemente le aree di espansione urbana sono definite periferie, ma noi vogliamo siano espressione piena della città e rappresentino la evoluzione di una storia e di una cultura da sempre intrecciata al divenire della nazione>>. Così il sindaco di Barletta, Pasquale Cascella, nel discorso di apertura della cerimonia di intitolazione di due nuove strade alla memoria degli agenti della Polizia di Stato Tommaso Capossele e Savino Antonucci, vittime del dovere che l’Amministrazione comunale ha voluto ricordare nelle denominazioni toponomastiche della nuova zona di espansione della città.
Insieme ai familiari dei caduti all’omaggio odierno sono intervenuti il Capo della Polizia e Direttore Generale di Pubblica Sicurezza Franco Gabrielli, il Prefetto Maria Antonietta Cerniglia, il Questore della Provincia di Bari Carmine Esposito, il Presidente della Provincia Barletta Andria Trani Nicola Giorgino, autorità militari, civili e religiose e numerose delegazioni studentesche delle scuole del quartiere.
Sulle note del “Silenzio” intonato dal trombettiere del picchetto della Polizia di Stato schierato sull’attenti si è quindi proceduto allo scoprimento delle due targhe, la prima da parte della signora Filomena Lamacchia, vedova dell’agente Capossele, accompagnata dai due figli entrati a far parte della Polizia. L’altra dalla signora Maria Cocca, madre dell’agente Antonucci. Due giovani querce a loro dedicate sono state piantumate lungo il percorso che unisce le strade, a suggellare l’omaggio istituzionale al senso del dovere e allo spirito di sacrificio che hanno accomunato i due concittadini nell’onorare l’uniforme indossata.
Il Capo della Polizia Gabrielli, nel suo intervento ha ringraziato la città per <<l’importante gesto di grande e significativa considerazione per chi ha pagato il prezzo più alto per il bene comune. Nel momento in cui si ravviva il dolore e la comunità di Barletta si raccoglie intorno alle istituzioni in segno di vicinanza e di affetto, è motivo di orgoglio vedere oggi i figli di Capossele anche loro al servizio della Polizia di Stato>>.
Capossele, agente della locale Sottosezione della Polizia Stradale, perse la vita travolto da una vettura sopraggiunta ad alta velocità mentre segnalava una situazione di pericolo sull’autostrada A/14. Aveva poco più di trent’anni. Inutili i tentativi di rianimarlo nell’ospedale civile di Andria, dove giunse in condizioni disperate spirando il 9 luglio del 2000. L’anno successivo le Autorità dello Stato gli riconobbero la “promozione per merito straordinario” alla qualifica di Assistente della Polizia di Stato sottolineando “lo spirito di iniziativa e l’eccezionale determinazione operativa” nell’emergenza affrontata. Il 28 marzo 2001 il Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi conferì la medaglia d’oro al Valor Civile, riconoscendo “l’altissimo senso del dovere” e “i più nobili ideali di grande altruismo” riflessi anche nella volontà di donare gli organi quale “ultima testimonianza di elette virtù civiche”.
Per l’agente Savino Antonucci, il 20 luglio del 1988, furono fatali le gravissime lesioni riportate in un incidente stradale avvenuto a Caramagna, località in provincia di Cuneo, mentre rientrava al reparto di appartenenza dopo aver assolto al servizio di scorta di un trasporto eccezionale. L’attaccamento al dovere e il sacrificio del ventiquattrenne Antonucci sono stati doverosamente riconosciuti con il conferimento della medaglia d’argento dell’allora Capo della Polizia.
<<Guardavano al futuro i due giovani servitori dello Stato caduti in servizio proprio mentre qui si cominciava a costruire, e forse avrebbero voluto viverlo proprio da queste parti, come alcuni dei loro familiari. Nella loro vicenda umana – ha rilevato il sindaco – ritroviamo la memoria identitaria di questa città, medaglia d’oro al valore militare e medaglia d’oro al merito civile. Il valore e il merito che hanno segnato le scelte di vita, i gesti semplici, gli atti consapevoli del rischio di un servizio assolto fino al sacrificio, i percorsi di vita diversi ma dedicati ad una comune causa tornano a ricongiungersi nella continuità delle due strade con i nomi consegnati alla condivisione della memoria>>.
L’INTERVENTO DEL SINDACO PASQUALE CASCELLA
Ci stringiamo, oggi, ai familiari degli agenti di polizia Tommaso Capossele e Savino Antonucci per saldare il primo debito di riconoscenza che la nostra città ha contratto con i suoi figli migliori.
Sono tanti i nomi dei cittadini che con il loro impegno, nel tempo e nei più diversi campi, hanno onorato le proprie radici, l’appartenenza a una comunità in continua crescita, come testimoniano gli edifici che ci circondano, le strade che stiamo percorrendo, gli spazi ancora sterrati destinati a opere e servizi pubblici.
Comunemente le aree di espansione urbana vengono definite periferie, ma noi vogliamo siano espressione piena della città e rappresentino la evoluzione di una storia e di una cultura da sempre intrecciata al divenire della nazione. Per questo è giusto ricordare i due agenti di Polizia caduti in servizio, pmentre qui si cominciava a costruire come giovani che guardavano a un futuro che forse avrebbero potuto vivere proprio da queste parti, come è poi capitato ad alcuni dei loro familiari. Nella loro vicenda umana ritroviamo la memoria identitaria di questa città, medaglia d’oro al valore militare e medaglia d’oro al merito civile.
Il valore e il merito hanno segnato le scelte di vita, i gesti semplici, gli atti consapevoli del rischio dei percorsi interrotti di Tommaso e Savino, diversi ma dedicati ad una comune causa, che si ricongiungono nella continuità delle strade che portano il loro nome e per riprendere il loro cammino nella memoria condivisa.
La memoria va alla prima istanza per la dedica di una strada della città in cui era nato Tommaso Capossele avanzata, 13 anni fa, da due suoi compagni che sul lavoro ne avevano conosciuto il rigore e l’abnegazione.
Anni dopo vediamo assolvere alla stessa missione nel corpo della Polizia di Stato i figli, Michele e Francesco, che pure in tenera età avevano appreso drammaticamente che adoperarsi con determinazione per evitare le più gravi conseguenze di un incidente stradale può anche comportare il costo più alto.
Il costo della vita che, nel perderla, Tommaso volle però donare ad altri, dando prova di quelle “elette virtù civiche” testimoniate della medaglia d’oro al valore civile conferitagli dal Presidente della Repubblica.
La memoria ci parla del destino che non ha consentito a Savino Antonucci di realizzare l’aspirazione di tornare, indossando la divisa, in una terra che non era mai stata interamente sua ma a cui sentiva di appartenere.
Era nato a Taranto, dove il padre di Barletta si era trasferito con la madre, a sua volta originaria di Minervino Murge, per lavorare all’Italsider. Poi, l’emigrazione dell’intera famiglia a Torino, verso la fine degli anni ‘60, quando essere operaio alla Fiat era un segno di emancipazione sociale. Lo era ancor più entrare in Polizia. Per questo Savino viveva in Piemonte e perse la vita su una strada lontana mentre assolveva al servizio che gli era stato assegnato, con la dedizione che gli è valsa la medaglia d’argento dell’Amministrazione della Pubblica Sicurezza. Soltanto qualche giorno prima Savino aveva accompagnato i genitori a Barletta, dove avevano deciso di affrontare gli anni della pensione. Aveva anche detto loro di aver fatto domanda di trasferimento, coltivando quel senso della famiglia che rinsalda le radici più profonde del nostro Sud.
Come le radici delle due querce piantumate dagli studenti per ricordare questo momento crescendo insieme nel quartiere. Mai come in questi giorni, che vedono le nostra città soffrire per la recrudescenza della minaccia criminale, abbiamo bisogno dell’esempio del senso del dovere di Antonio e Savino.
Lo sentiamo come vincolo e monito nell’assolvere alle responsabilità quotidiane, come quella di portare a compimento opere di urbanizzazione che segnano la qualità della vita, azioni che corrispondano ai bisogni della collettività, senza mai cedere di fronte alle difficoltà burocratiche, come quelle che ancora gravano sul progetto da realizzare con i fondi del programma “Io gioco legale”. Legalità, giustizia e civiltà sono i valori del riscatto del nostro Sud.
Dopo Barletta il Capo della Polizia raggiungerà Trani per ricordare un altro servitore dello Stato, Alfredo Albanese, che la vita l’ha persa a Mestre in un agguato terroristico negli anni di piombo. E il pensiero va al nostro concittadino Francesco Di Cataldo ammazzato a 40 anni dai terroristi mentre si recava al suo quotidiano lavoro nel carcere di San Vittore che oggi porta il suo nome.
Anche qui abbiamo ancora da dedicare strade e opere ad agenti e ufficiali delle forze dell’ordine, a magistrati e funzionari dello Stato il cui sacrificio è entrato a far parte della storia della democrazia. Lo faremo seguendo il percorso che unisce il passato al presente e, ancor più, al futuro, nel segno della speranza e della fiducia. La madre di Antonucci qualche giorno fa ci raccontava di un nipotino di Savino che continua a indentificarsi con lo zio come “rappresentante del bene”. La moglie di Tommaso Capossele ci ha chiesto che “da questa strada possa affermarsi il valore della legalità e dell’impegno a favore della collettività”.
Sono parole che uniscono nell’emozione del messaggio da consegnare alle nuove generazioni: si, le strade con i nomi di Tommaso Capossele e Savino Antonucci non possono che condure al bene comune.